giovedì 24 maggio 2018

[Recensione]: "Atti osceni in luogo privato" di Marco Missiroli

Buon giovedì cari amici, la settimana è quasi giunta al termine, il caldo inizia a farsi sentire ed io in questa atmosfera super positiva voglio parlarvi di un libro che mi è entrato nel cuore e che difficilmente dimenticherò. Ecco la scheda:



Titolo: Atti osceni in luogo privato
Autore: Marco Missiroli
Data di pubblicazione: 14 aprile 2016
Casa editrice: Feltrinelli
Pagine: 256
Prezzo: € 9,00

Trama

Libero Marsell si è appena trasferito a Parigi con la sua famiglia, ha 12 annie scopre che sua madre ha iniziato a tradire suo padre. Da quel momento in poi si affaccia al mondo, inizia a conoscere la perdita di sé nel sesso e nell'amore. Incontra Marie, una bibliotecaria, che diventerà sua amica e confidente e  la sensuale Lunette, che lo conduce verso la gelosia e lo strazio. Libero tornerà a Milano e affronterà il cambiamento servendo i tavoli dell'osteria di Giorgio sui Navigli. Libero Marsell è un personaggio che cresce con noi, pagina dopo pagina, guidato dai suoi maestri di vita a scoprire l'oscenità che lo libera dalla dipendenza di ogni frase fatta, di ogni atto dovuto, in nome dello stupore di esistere.


Recensione


Io credo che i libri si possano dividere in due categorie: quelli provvisori e quelli della vita. I primi ti fanno compagnia per un'ora, un giorno o settimane, possono rivelarsi piacevoli o non, ma una cosa è certa, non ritornano. I libri della vita, invece, sono quelli in cui ritrovi te stesso, i tuoi dubbi, le tue paure nascoste e sai per certo che ti ritroverai a rileggerli nei momenti più tristi e in quelli più felici, perché costituiranno sempre un punto fermo, un amico fidato in cui rifugiarsi. Così, "Atti osceni in luogo privato" è diventato uno dei libri della mia vita. Il protagonista, Libero Marsell, è me, è tutti noi. Seguiamo l'evolversi della sua vita dall'infanzia fino all'età adulta, attraverso le sue esperienze sentimentali e le vicende umane delle persone che lo circondano: il signore e la signora Marsell, Emmanuel, Lunette, Giorgio, Frida e Marie. Quest'ultima è di certo il mio personaggio preferito. Marie è una bibliotecaria che ha tanto sofferto per amore e che, quindi, ha deciso di intraprendere la strada della solitudine. Nei momenti più gioiosi e disperati lei sarà il faro che illuminerà il cammino del protagonista, prestandogli soccorso attraverso i libri che gli consiglierà e che accompagneranno Libero per tutta la sua vita. 


"I libri spostavano la mia gravità e attuavano una legge: avevano iniziato a mettermi al mondo"

"Un amore" e "Il deserto dei Tartari" di Dino Buzzati, "Mentre morivo" di William Faulkner, "L'amante" di Marguerite Dumas e "Lo straniero" di Albert Camus sono solo alcuni de titoli che si alterneranno nel romanzo e che scandiranno le tappe più importanti della vita del protagonista. Libero li sfoglia desideroso di risposte e molto spesso finisce con il trovare in quelle pagine delle vere e proprie analogie con momenti della sua esistenza. 

"... ti vedevo a mille chilometri di distanza con la paura di scegliere tra la vita e l'oscenità, senza sapere che sono la stessa cosa. L'osceno è il tumulto privato che ognuno ha, e che i liberi vivono. Si chiama esistere, e a volte diventa sentimento."

"Atti osceni in luogo privato" non è un titolo messo lì a caso, ma ha un senso. Infatti, il suo protagonista attraversa l'infanzia, l'adolescenza e l'età adulta scoprendo la sua sessualità, per mezzo della quale riuscirà ad esprimere anche i suoi stati d'animo e che via via con il tempo diventerà sempre più consapevole e matura.

Devo terminare questa recensione parlando di ciò che ho apprezzato davvero tanto di Libero, ossia il fatto che lui non si risparmi mai. Infatti, vive a pieno tutte le sofferenze e le emozioni che il destino pone sulla sua strada. E sarà proprio questo il punto in cui il romanzo di Missiroli vi farà riflettere e giungere alla conclusione che nella vita non bisogna sfuggire a nulla, neanche al dolore perché spesso, proprio grazie ad esso, riusciamo a toccare il fondo per poi rimboccarci le maniche e trovare la forza necessaria ad andare avanti. 


Giudizio



Se avete letto la recensione non sarete sorpresi nel constatare che ho assegnato ad "Atti osceni in luogo privato" il massimo punteggio. Sarà che la scrittura di Missiroli mi incanta, che in ogni singola sfumatura di Libero mi sono riconosciuta oppure per la bellezza del personaggio di Marie, ma io sono stata talmente catturata da questo romanzo che avrei voluto non giungere mai alla parola FINE.


A presto,
la vostra Contessa.

mercoledì 23 maggio 2018

[Nel nome della strega II]: recensionilampo recensisce "La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg" di Sandra Petrignani.


Titolo: La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg
Autore: Sandra Petrignani
Editore: Neri Pozza
Pagine: 458
Prezzo: 18€

La caratteristica di questo libro che colpisce fin dalle prime pagine è che, pur trattandosi di una biografia, Sandra Petrignani non racconta la vita di Natalia Ginzburg in maniera asettica o distaccata: è palpabile il coinvolgimento e la stima dell’autrice per quest’ultima, ma, allo stesso tempo, è palese la sua volontà di presentare la Ginzburg nella maniera più veritiera possibile. A testimonianza di quest’ aspetto, c’è un lavoro di reperimento delle fonti, che sta alla base di questa biografia, preciso, accurato, titanico e, oserei dire, quasi al limite del maniacale, dal momento che i particolari (di qualunque genere) abbondano ed, anzi, in alcuni frangenti, a mio parere, appesantiscono il testo in maniera eccessiva; quando vengono fornite troppe informazioni particolareggiate si rischia di perdere, per un momento, il filo del discorso. Questa è la critica più consistente che posso rivolgere ad una biografia, che, nel complesso, mi è piaciuta molto, sia perché la protagonista è una figura complessa e poliedrica, sia per il contesto storico e culturale che le ruota attorno. Inoltre, i numerosissimi riferimenti alle opere della stessa Ginzburg e di molti suoi colleghi contemporanei rendono questo libro una sorta di antologia, da cui reperire interessanti spunti di lettura.
Il libro è suddiviso in quattro macro-capitoli che ripercorrono, secondo una sequenzialità cronologica, la vita della protagonista.
La prima parte è dedicata alla Natalia bambina prima, adolescente poi… sino al matrimonio e alla successiva prematura perdita del primo marito: Leone Ginzburg. Sì, perché il nome di battesimo della scrittrice è Natalia Levi, ebrea di famiglia, palermitana di nascita, torinese d’ adozione, che, dopo la scomparsa del consorte, deciderà di firmare le sue opere con il cognome dell’uomo che, primo fra tutti, l’ha incoraggiata a scrivere. Queste sono le parole di Leone, in una delle sue ultime lettere, dal carcere di Regina Coeli, dove è stato imprigionato, in quanto strenuo oppositore del regime fascista:
“La mia aspirazione è che tu normalizzi, appena ti sia possibile, la tua esistenza; che tu lavori e scriva e sia utile agli altri.” (Pag. 134)
Natalia è una bambina introversa e schiva, che della sua fanciullezza manterrà, anche in età adulta, quella sua imprescindibile necessità di raccontare sempre, come scrittore e come essere umano, la verità. E’ circondata da numerosi intellettuali: da Cesare Pavese a Giulio Einaudi, Italo calvino, Benedetto Croce, Alberto Moravia, Carlo Levi. E’ stato appassionante leggere di questi grandi scrittori e critici, perchè Sandra Petrignani li tratteggia nella loro accezione più umana; ci mostra gli uomini nella loro quotidianità, non gli autori. Ancor più interessante è lo spaccato sulla resistenza e sulla caduta del regime fascista che l’autrice racconta attraverso le vicende di Natalia e Leone Ginzburg: le fughe continue, dal momento che le leggi razziali sono ancora in vigore e la cattura di Leone, antifascista e uomo simbolo della resistenza, nonché la sua successiva morte. Davvero commovente, l’ultima lettera che quest’ultimo scrive all’amata, consapevole della sua sorte:
“Ti amo con tutte le fibre dell’essere mio. Ti bacio ancora e ancora e ancora. Sii coraggiosa. “ (pag. 134)
Il dolore per la perdita del marito, guida e punto di riferimento per Natalia, sono il tratto predominante della seconda parte. Tuttavia, essendo anche madre di tre bambini, la scrittrice cerca di prendere in mano la sua vita: inizia così la sua collaborazione con la casa editrice Einaudi, nata sotto il regime di Mussolini, ma che solo dopo la caduta del fascismo, riuscirà ad essere avviata senza impedimenti. C’è anche spazio per l’amicizia controversa con Elsa Morante, per la fulminea relazione amorosa con Salvatore Quasimodo, per l’incontro con Ernest Hemingway. Nella sua vita ci sarà, poi, un secondo matrimonio con Gabriele Baldini, uomo esuberante e molto lontano, sia per attitudine che per interessi, dalla scrittrice. Con quest’ultimo la Ginzburg affronterà la nascita di due figli sfortunati: la pima, Susanna, affetta da encefalopatia, resterà disabile a vita, il secondo Antonio morirà ad appena un anno, a causa di una malformazione cardiaca. Un altro evento traumatico per la scrittrice accade nell’agosto 1950, quando Cesare Pavese si toglierà la vita. Il suicidio di quest’ultimo è raccontato in modo intenso dalla Petrignani attraverso non solo le parole di Natalia, che era davvero molto legata allo scrittore, ma anche per mezzo delle dichiarazioni dei numerosi testimoni dell’epoca:
“Temeva una nuova guerra più di tutti noi. E in lui la paura era più grande che in noi: era in lui, la paura, il vortice dell’imprevisto e dell’inconoscibile, che sembrava orrendo alla lucidità del suo pensiero; acque buie, vorticose e venefiche sulle rive spoglie della sua vita.” (Pag.217)
La notorietà della Ginzburg, argomento che trova ampio spazio nel terzo capitolo di questa biografia, è in crescita già prima dell’uscita della sua opera più significativa (e aggiungerei, ancora oggi, più nota): Lessico Famigliare, anche se è con quest’ultima che raggiungerà l’apice del successo. Sandra Petrignani riporta le parole di Italo Calvino:
“Forse mai una scrittrice ha saputo essere così femminile -ragazza, moglie, madre- in un senso così opposto a quello che s’intende di solito per “letteratura femminile” cioè dell’abbandono lirico ed emotivo.” (Pag. 277)
Fondamentale è l’intervento di Cesare Garboli, abile interlocutore di Natalia, per la scrittura di Lessico famigliare, dal momento che fornisce alla scrittrice lo slancio necessario per iniziare e portare alla conclusione l’opera che nel 1963 vince il Premio Strega; nonostante il largo consenso del pubblico, dovrà affrontare una critica feroce, proprio in virtù di quel pregiudizio che un libro di successo commerciale porta spesso con sé. Pier Paolo Pasolini, invece, fa da tramite tra lei ed il teatro. Ti ho sposato per allegria, la sua prima commedia, ottiene un discreto successo, tanto da essere portata anche all’estero, cosa che avvenne, per i suoi contemporanei, solo con Eduardo.
La quarta ed ultima sezione di questa biografia è dedicata, per una cospicua parte, ad una nuova veste indossata da Natalia Ginzburg: quella di parlamentare.  Sarà indotta a prendere questa decisione, nonostante non si reputi all’altezza del ruolo (così come confessa, un giorno, ad Enrico Berlinguer), perché
“Se la letteratura le sembra ormai inadeguata a ricomporre anche il più piccolo degli specchi, forse la politica è l’unico mezzo per fare davvero qualcosa per gli altri, per riconoscere il prossimo e aiutarlo. […] E poi pensa che gli scrittori, come tutti, abbiano il dovere dell’onestà e che la fedeltà a questo dovere possa nobilitare il suo fare politico.” (Pag. 382-383). (Ad averceli, oggi, parlamentari con questa forma mentis!).  
Le sue battaglie politiche saranno rivolte soprattutto verso la difesa di “un linguaggio politico chiaro, concreto, intellegibile a tutti”, a sostegno dei carcerati e della casa come valore inestimabile; si batterà poi per far approvare le legge contro le violenze sessuali e contro la legge per l’aumento del prezzo del pane, considerato da Natalia simbolo intoccabile del popolo; finanzierà, per concludere, l’associazione Italia-razzismo, in virtù, soprattutto, di uno dei numerosi insegnamenti che aveva appreso da Leone:
“Essenziale era, ieri, non confondere i nazisti con l’intero popolo tedesco, essendo colpevole di razzismo e non vera una simile confusione.” (Pag. 416)

Faccio un “in bocca al lupo virtuale” a questo libro, per la corsa al Premio Strega!
Colgo poi l’occasione per ringraziare di cuore Annamaria, per avermi coinvolta in questa iniziativa, a cui ho aderito con entusiasmo e passione e per avermi “accolta” nel suo blog!
Natalina.





Vi ricordo le precedenti e future tappe de' "Nel nome della Strega II":


14 MAGGIO:TWINS BOOKS LOVERS con “Le stanze dell’addio” di Yari Selvetella.

16 MAGGIO: GIULSJUPS con “La ragazza con la leica” di Helena Janeczek.
18 MAGGIO: LA BIBLIOTECA DI STEFANIA con “Sangue giusto” di Francesca Melandri.

21 MAGGIO: MATTIA TORTELLI con “Da tuo terrazzo si vede casa mia” di Elvis Malaj.
23 MAGGIO: RECENSIONI LAMPO con “La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg” di Sandra Petrignani.
25 MAGGIO: RESPIRO DI LIBRI con “Anni luce” di Andrea Pomella.
28 MAGGIO: THE BOOK LAWYER con “Come un giovane uomo” di Carlo Carabba.
30 MAGGIO: ATTORCIGLIATA con “La madre di Eva” di Silvia Ferreri.
1 GIUGNO: GENTE DI TACCUINO con “Il figlio prediletto” di Angela Nanetti.
4 GIUGNO: L COME LIBRO con “Questa sera è già domani” di Lia Levi.
6 GIUGNO: LEGGO LIBRI con “Il gioco” di Carlo D’Amicis.
8 GIUGNO: LA CONTESSA RAMPANTE con “Resto qui” di Marco Balzano.

lunedì 21 maggio 2018

[Nel nome della strega II]: Mattia Tortelli recensisce "Dal tuo terrazzo si vede casa mia" di Elvis Malaj


Credo sia la prima recensione ufficiale che faccio di un libro. Sul profilo instagram mi diverto a parlare di libri, ma definirle recensioni è effettivamente pretenzioso. Ebbene, questa sarà una non-recensione ufficiale. Nel rispetto di questo pensiero, decido di partire da quello che avrei voluto – e che userò – come finale: ossia una citazione. Se dovessi riassumere in una sola frase quello che per me è stato “Dal tuo terrazzo si vede casa mia”, di Elvis Malaj, uscito nell’ottobre 2017 per Racconti Edizioni, e tra i 12 finalisti del Premio Strega, userei sicuramente questa: “Anche l’asfalto fiorirebbe se qualcuno lo innaffiasse”.



Elvis Malaj è un autore di origine albanese che a 15 anni si trasferisce ad Alessandria con la famiglia. Oggi vive a Padova. E non ci sarebbe stata necessità di specificare le sue origini se non fosse che quel terrazzo di cui racconta si affaccia su e dal suo paese d’origine: l’Albania. Nei suoi 12 racconti l’autore infatti porta le sue origini, in una commistione difficoltosa con l’Italia. Eppure, sarà proprio la sua scrittura a tentare di colmare la distanza tra questi due terrazzi.

La raccolta si struttura di 11 racconti di lunghezza media che culminano in un dodicesimo, “Morte di un personaggio”, che ha un numero di pagine doppio e in certi casi triplo rispetto agli altri e che, riprese le fila del discorso, mostra l’arazzo concluso, la figura che risulta dalla narrazione precedente. Malaj è in grado di variare dall’ironia più arguta, all’introspezione più spietata. I racconti affrontano il tema del razzismo, dell’amore, della solitudine, della diversità, della bellezza, dell’arte. Il percorso si srotola davanti agli occhi del lettore tra dediche all’Albania (“Le Scarpe”) e riferimenti ad Alda Merini e Dostoevskij (“A pritni mia?” e “Morte di un personaggio”), passando per la citazione diretta dello scrittore premio Nobel Herman Hesse: “Il lupo della steppa”.

I personaggi che Malaj crea hanno nomi che riportano alle loro origini e sono messi in situazioni di crisi tra le più disparate: un episodio di razzismo, una prima volta che non è una prima volta, un televisore recuperato dalla spazzatura, un incidente che distrae l’attenzione da un appuntamento fallito, un primo giorno di scuola, una carriola, una storia d’amore e di fuga, un discorso in treno e una ragazza sola e triste sebbene sia in vacanza con gli amici.

Ma è nel racconto finale che la narrazione di Malaj, avendo acquisito potenza lungo le pagine precedenti, esonda nel racconto più completo e meglio riuscito di tutta la raccolta. Se si sono amati i personaggi fin qui letti, non si potrà far a meno di rimanere pienamente soddisfatti da questo finale che riprende, riaffronta e conclude tutti i temi percorsi. Kastriot è un ragazzo albanese, alle prese con un romanzo in cui non sa come far morire uno dei personaggi. Veronica è una ragazza volitiva, che è appena stata lasciata dal ragazzo e che incontra Kastriot quando il ragazzo entra in casa sua di nascosto, obbligato dalla madre a bagnare i fiori trascurati della vicina. Da quel momento tra i due comincia una storia che li porterà a convergere al centro di quella distanza tra terrazzi che sembra dividerli. Tra una battuta sui pregiudizi razzisti e una riflessione sul bello e la bellezza, dopo una cena finita non nel migliore dei modi nella quale hanno parlato di diversità in riflessioni mai banali, ai due ragazzi, così come ai personaggi del libro che Kastriot sta scrivendo – un riuscito e intelligente gioco di “meta scrittura”-, viene concessa una possibilità.

Auguro tutta la fortuna possibile a questa bella raccolta di racconti e al suo autore, nonchè alla coraggiosa casa editrice che lo rappresenta – e che ho svaligiato al SalTo18. Se Malaj non dovesse vincere la sfida con lo Strega, sono sicuro che vincerà quella con i lettori, Perché, proprio come Kastriot, “Innaffiò tutte le piante, anche quelle morte. L’asfalto fiorirebbe se qualcuno lo annaffiasse”: e Malaj lo ha fatto.




Mattia Tortelli.



Vi ricordo tutte le tappe de' "Nel nome della strega II":


4 MAGGIO: TWINS BOOKS LOVERS con “Le stanze dell’addio” di Yari Selvetella.

16 MAGGIO: GIULSJUPS con “La ragazza con la leica” di Helena Janeczek.
18 MAGGIO: LA BIBLIOTECA DI STEFANIA con “Sangue giusto” di Francesca Melandri.
21 MAGGIO: MATTIA TORTELLI con “Da tuo terrazzo si vede casa mia” di Elvis Malaj.
23 MAGGIO: RECENSIONI LAMPO con “La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg” di Sandra Petrignani.
25 MAGGIO: RESPIRO DI LIBRI con “Anni luce” di Andrea Pomella.
28 MAGGIO: THE BOOK LAWYER con “Come un giovane uomo” di Carlo Carabba.
30 MAGGIO: ATTORCIGLIATA con “La madre di Eva” di Silvia Ferreri.
1 GIUGNO: GENTE DI TACCUINO con “Il figlio prediletto” di Angela Nanetti.
4 GIUGNO: L COME LIBRO con “Questa sera è già domani” di Lia Levi.
6 GIUGNO: LEGGO LIBRI con “Il gioco” di Carlo D’Amicis.
8 GIUGNO: LA CONTESSA RAMPANTE con “Resto qui” di Marco Balzano

mercoledì 16 maggio 2018

[Nel nome della strega II]: giulsjups recensisce "La ragazza con la leica" di Helena Janeczek


Quest’anno partecipo all’iniziativa “Nel nome della strega” di Annamaria, cara amica e splendida bookblogger.
Il libro che ho scelto è “La ragazza con la Leica” di Helena Janeczek, scrittrice originaria di Monaco di Baviera e nata in una famiglia ebreo-polacca che vive in Italia da oltre trent’anni.
Qualche tempo prima di prendere parte a questo progetto, ho letto la trama del libro e mi è subito sembrato interessante. Chi è questa ragazza con la Leica (che, per chi non lo sapesse, è una marca di macchine fotografiche)? È Gerda (Gerta) Taro, nata Gerta Pohorylle, nel 1910 - tedesca di famiglia ebreo polacca, commercianti di piccola borghesia. Entra a far parte molto presto dei movimenti socialisti ed è molto attiva nel Partito Comunista tedesco. Dopo esser stata in prigione, decide di scappare a Parigi, dove conosce l’ungherese André Friedmann (poi ribattezzato Robert Capa) con cui si fidanza e grazie al quale scopre il mondo della fotografia. Ciò che rende però le sue foto particolari è il contesto della guerra, che piano piano si stava facendo più aspra.
Gerda è un personaggio irrequieto, non si accontenta mai, è temeraria, o, come viene definita all’interno del libro è “spericolata”. È a causa di questo suo modo di essere che, purtroppo, incontra presto la morte.
È il primo di agosto millenovecentotrentasette, Parigi è attraversata da una fila di bandiere rosse: è il corteo funebre proprio per Gerda, la prima fotografa morta in un campo di battaglia come se fosse un soldato.
È il giorno del suo ventisettesimo compleanno.
“Intorno alla tomba si espandeva una calca ingombrata di striscioni e bandiere rosse che rendeva invisibile chi prendeva la parola. […] Orazioni solenni e battagliere, telegrammi, versi (o erano frasi poetiche?) dedicati a un’allodola scomparsa a Brunete che non cesserà mai di far udire il proprio canto. Qualcuno ricordava che quel giorno, 1°agosto 1937 avrebbe compiuto ventisette anni <<la nostra Gerda>>, la coraggiosissima compagna che aveva dato la sua giovane vita per una lotta a cui sapeva appartenere il futuro di tutti.>>”
Fra la folla c’è il dottor Willy Chardack, detto “il Bassotto”, che nella prima parte ci parla di quanto effettivamente fosse innamorato di Gerda, di come però potesse amarla solo da lontano. Di lei, infatti, fra i numerosi episodi, racconta: “sì, opportunista l’avevano pensato in molti. […] Era fatta così, era volubile e volitiva, un metro e mezzo di orgoglio e ambizione, senza i tacchi. Bisognava prenderla com’era: sincera sino a far male, affezionata a modo suo, sulla lunga durata”.
C’è anche Ruth Cerf, l’amica con cui ha condiviso la vita terribile parigina che occupa la seconda parte della storia:
“Ruth non aveva mai visto Gerda rinfacciarsi un errore, rimasticare un rimorso.”;
“a Gerda non piacevano le cose che finivano”;
“Era spiazzante, Gerda. […] Non sarebbero diventate amiche se quel parlarsi liberamente non si fosse instaurato tra loro molto presto, facendo vacillare le prime impressioni che Ruth si era fatta. La bambolina di Stoccarda non era solo più divertente di qualsiasi oca infiocchettata. […] Era qualcosa di diverso.”
Infine c’è Georg Kuritzkes, che occupa la terza ed ultima parte, fidanzato di Stoccarda, al quale Gerda è sempre rimasta legata da un profondo affetto – anche se l’amore per Capa era qualcosa di inspiegabile. Georg dice:
“Non capisco cosa sentiva. Paura poca, d’accordo. E poi?”
“Oggi nessuno sa più chi era Gerda Taro. Si è persa traccia persino del suo lavoro fotografico, perché Gerda era una compagna, una donna, una donna coraggiosa e libera, molto bella e molto libera, diciamo libera sotto ogni aspetto.”

Il libro è completato da un prologo e un epilogo molto particolari: si inizia con una foto scattata da Capa e Taro e termina con un ritratto proprio di questi due. Si sono amati veramente tanto, ma Capa non si è mai perdonato di averla lasciata sola in quel servizio fotografico che apparentemente non doveva essere così pericoloso.

La scrittrice, però, a mio parere, ha perso di vista l’obiettivo chiave, ovvero quello di raccontare la storia di Gerda.
Ce la presenta con gli occhi di chi le è stato accanto, di chi l’ha vissuta in tutta la sua imprevedibilità e in tutto il suo coraggio.

Potrebbe essere una struttura molto interessante, se avesse incentrato la sua scrittura su quella che dovrebbe essere la protagonista indiscussa di questo libro, ed è questo l’errore più grande che, secondo la mia modesta opinione, l’autrice ha commesso: introduce troppi personaggi facendo perdere il filo del discorso al lettore. Gerda è raccontata e descritta solo di sbieco, in conseguenza a ricordi e immersa nel contesto bellicoso. Non solo: i continui salti temporali fra ricordi e presente non aiutano affatto.
Tutto ciò è sorprendente, soprattutto perché nei ringraziamenti specifica di aver conosciuto Gerda Taro grazie ad una mostra a lei dedicata, organizzata da Irme Schaber, la quale ha anche scritto delle biografie sulla stessa fotografa. Il materiale, dunque, non mancava. Sorprende anche che lei sostenga che l’anima del libro è frutto della sua immaginazione: i personaggi sono esistiti davvero, allora dove la troviamo questa sua fantasia?
Della Taro si percepisce comunque che tipo fosse: spregiudicata, testarda, indipendente, controcorrente, impulsiva e istintiva, coraggiosa, rivoluzionaria.
Per conoscerla a fondo, però, ho dovuto condurre delle mie ricerche personali attraverso internet: solo da queste ho potuto comprendere in pieno il significato di una frase che lei disse: “Capite quanto la mia Leica sia utile alla causa?”
Fotografare le idee politiche e sociali al fine di realizzare una rivoluzione con l’arte.

Probabilmente mi aspettavo una biografia pura, un racconto sulla guerra vista da occhi diversi e innovativi allo stesso tempo; forse, ancora, speravo che l’autrice prendesse Gerda come narratrice usufruendo dei racconti di chi l’ha conosciuta.
È sicuramente una figura interessante ed è possibile che sia questo il fattore che ha portato la Janeczek in finale: bisognerebbe tuttavia capire perché ha seguito questo tipo di struttura per comprendere la storia fino in fondo.





Vi ricordo la tappa precedente e quelle successive de' "Nel nome della strega II":

14 MAGGIO: TWINS BOOKS LOVERS con “Le stanze dell’addio” di Yari Selvetella.

16 MAGGIO: GIULSJUPS con “La ragazza con la leica” di Helena Janeczek.

18 MAGGIO: LA BIBLIOTECA DI STEFANIA con “Sangue giusto” di Francesca Melandri.

21 MAGGIO: MATTIA TORTELLI con “Da tuo terrazzo si vede casa mia” di Elvis Malaj.

23 MAGGIO: RECENSIONI LAMPO con “La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg” di Sandra Petrignani.

25 MAGGIO: RESPIRO DI LIBRI con “Anni luce” di Andrea Pomella.

28 MAGGIO: THE BOOK LAWYER con “Come un giovane uomo” di Carlo Carabba.

30 MAGGIO: ATTORCIGLIATA con “La madre di Eva” di Silvia Ferreri.

1 GIUGNO: GENTE DI TACCUINO con “Il figlio prediletto” di Angela Nanetti.

4 GIUGNO: L COME LIBRO con “Questa sera è già domani” di Lia Levi.

6 GIUGNO: LEGGO LIBRI con “Il gioco” di Carlo D’Amicis.

8 GIUGNO: LA CONTESSA RAMPANTE con “Resto qui” di Marco Balzano.






lunedì 7 maggio 2018

[Recensione]: "Tu l'hai detto" di Connie Palmen

Buon primo lunedì di maggio cari amici, oggi vado subito al dunque e vi parlo di una lettura che mi ha molto scossa tanto da non farmi dormire la scorsa notte quando, subito dopo averla terminata, mi sono messa a letto ed ho iniziato a riflettere sulle vite delle due persone che vi erano protagoniste. Ecco a voi la scheda.



Titolo: Tu l'hai detto
Autore: Connie Palmen
Casa editrice: Iperborea
Data di pubblicazione: 28 Marzo 2018
Pagine: 252
Prezzo: € 17,00

Trama

Ted Hughes e Sylvia Plath, "la coppia maledetta" della letteratura moderna, segnata dal suicidio di Sylvia a soli trent'anni nel 1963, ha ispirato ogni sorta di speculazioni e mitizzazioni sulla fragile martire e il suo brutale carnefice. In questo romanzo Connie Palmen dà voce a Ted Hughes e fa raccontare a lui - il poeta, il marito, l'uomo che non può smettere di interrogarsi sulle sue colpe ma che ha sempre mantenuto un religioso silenzio sulla moglie perduta - la sua verità.


Recensione



"Uno di noi era spacciato fin dall'inizio. Era o lei o io. Nella furia divoratrice chiamata amore, avevo trovato la mia pari."


Come ho scritto all'inizio di questo post, la notte durante la quale ho terminato questo romanzo, sono rimasta talmente turbata da non riuscire a chiudere occhio. Eppure conoscevo la storia di Sylvia Plath ed il suo tragico epilogo, proprio per questo credevo che "Tu l'hai detto" non mi potesse lasciare quel senso di inquietudine che sento ancora adesso, mentre ne scrivo la recensione. 

Il romanzo di Connie Palmen ha come scopo quello di ripercorrere le tappe del matrimonio della Plath con il poeta Ted Hughes. In tanti hanno speculato e scritto articoli e romanzi sulla storia di due poeti maledetti, ma "Tu l'hai detto" contiene una novità, infatti a fare da narratore alle vicende e Hughes che racconta della vita trascorsa accanto alla Plath, secondo il suo punto di vista. 

Il 25 febbraio del 1956, ci fu il primo incontro tra la Plath e Hughes, un incontro pieno di violenza amorosa, perché i due appena si videro, si vollero, si desiderarono e finirono con il fare l'amore in modo folle: lui le strappò con furia gli orecchini dai lobi e la fascia che portava tra i capelli, lei lo marchiò con una cicatrice, mordendogli una guancia. Il loro amore fu sempre così, pieno di disperazione, di parole urlate e di genio letterario. Ted tende a presentarsi come un marito premuroso e protettivo nei confronti di una moglie isterica, depressa ed incline al pianto. Una moglie che la famiglia - e soprattutto sua sorella Olwyn - mal sopportava, perché americana, perché sopra le righe e soprattutto instabile. 

Nonostante la nascita di due figli, Frieda e Nicholas, la Plath soffrì sempre di disturbi mentali la causa dei quali era da rintracciare, secondo suo marito, nella morte prematura del suo amato ed eroico padre e nella figura di Aurelia, la madre della poetessa americana, che lei vide sempre come una nemica, anche se soffriva tantissimo a saperla lontana da lei. 

La svolta nella relazione tra i due poeti avviene nel momento in cui fanno la conoscenza di Assia Wevill, amica comune della coppia, della quale Hughes si innamora così tanto da finire per rivelarlo a sua moglie.

"La trovai in lacrime sul letto, mi stesi accanto a lei, la presi tra le braccia e le confessai che mi ero innamorato, che da mesi mi mancava l'aria, che qualcosa in me stava morendo, stretto in un laccio, soffocato, dominato, infestato da ciò che i cuoricini dipinti per tutta la casa rappresentavano, qualcosa che non aveva più a che fare con il nostro amore ma con una sorta di sentimentalismo, inteso come scongiuro alle sue angosce, segni magici volti ad assicurare che tutto rimanesse come era e andasse come lei aveva stabilito, in modo da poter tenere il suo meraviglioso marito e gli adorabili all'interno di quelle soglia dipinti con i cuori."


Dopo aver ascoltato la prova del tradimento di suo marito, Sylvia finisce in un vortice di disperazione dal quale non si riprenderà più e che la porterà inevitabilmente verso il suicidio: l'11 gennaio 1963 prepara la colazione ai suoi figli, mette la testa all'interno del forno e muore uccisa dal gas.

Ted Hughes, sa di essere il motivo principale che ha spinto sua moglie a farla finita, sa di avere tante colpe, ma nonostante ciò si scaglia contro tutti quegli amici che lo hanno tradito, distorcendo le sue parole e accusandolo di aver avuto comportamenti violenti ed errati nei confronti della moglie. 
Alla fine del romanzo il lettore si pone una domanda: Ted Hughes è una vittima o un carnefice? Entrambi, dico io, sicuramente entrambi.
Di una cosa però sono certa, Hughes non smise mai di amare Sylvia e di ciò ne è la prova il suicidio della sua amante, Assia Wevill, che sei anni dopo la morte della Plath si uccise utilizzando la stessa modalità di quest'ultima, portando la sua testa e quella della figlia di 4 anni avuta con Ted, all'interno di un forno.
Hughes non l'aveva mai amata, perché lei non era all'altezza della geniale prima moglie e non lo sarebbe mai stata.


Giudizio



I romanzi che mi turbano tanto, mi lasciano sempre qualcosa su cui riflettere e per questo finisco per amarli e portarli nel cuore. Ecco perché attribuisco 5 penne a "Tu l'hai detto" di Connie Palmen e spero che tutti voi possiate e vogliate leggerlo.

A presto
La vostra Contessa