lunedì 28 gennaio 2019

[Recensione]: "Madonna col cappotto di pelliccia" di Sabahattin Ali



"Sin dall'infanzia temevo di sciupare la felicità. Desideravo sempre conservarne un po' per il giorno dopo... Questo timore mi spingeva a rinunciare a molte opportunità... Ero sempre riluttante a desiderare di più perché non volevo perdere la serenità".




Titolo: Madonna col cappotto di pelliccia
Autore: Sabahattin Ali
Casa editrice: Fazi Editore
Data di pubblicazione: 10 Gennaio 2019
Prezzo: € 16,00
Pagine: 209

Trama

Quando ad Ankara, negli anni '30, un giovane conosce il suo collega di lavoro Raif Effendi, viso onesto e sguardo assente, è subito colpito dalla sua mediocrità. Quale può essere la ragione di vita di una persona simile? Qual è il segreto che si cela dietro una vita inutile? Il taccuino di Effendi consegnato in punto di morte al collega, contiene le risposte, raccontando una storia tutta nuova: dieci anni prima, un giovane e timido Raif  lascia la provincia turca per imparare un mestiere a Berlino. Visitando un museo rimane affascinato dal dipinto di una donna che indossa un cappotto di pelliccia, che lo colpisce talmente tanto da tornare ad ammirarlo ogni giorno. Finché una notte incrocia una donna per strada : la stessa donna del dipinto. Maria. Un incontro che gli sconvolgerà la vita. 



Recensione


Penso sia la prima volta che mi avvicino all'opera di un autore turco ed è stata un'esperienza molto toccante, quasi mistica. Parliamo di Sabahattin Ali, classe 1907, uno dei più grandi esponenti della letteratura turca del '900. Scrittore, poeta e giornalista, fu un comunista convinto e nei primi anni della Repubblica di Turchia finì in carcere diverse volte per via dei suoi articoli e delle sue storie. Morì a soli 41 anni, mentre cercava di attraversare il confine bulgaro per scappare in Europa, recando con sé la copia tedesca dell'Evgenij Onegin di Alexander Puskin.

Ma di cosa parla il romanzo Madonna col cappotto di pelliccia che in Turchia ha venduto più di un milione di copie in Turchia?

L'opera si divide in due parti che potremmo indicare con i titoli di 10 anni prima e 10 anni dopo.
La prima parte vede come protagonista un venticinquenne disoccupato che decide di non accettare la carità degli amici e vessa in condizioni di vita miserabili. Questo fino a quando non incontra un suo caro compagno di scuola Hamdi, che gli offre un posto presso l'azienda in cui lavora. Sarà proprio lì che il giovane uomo si imbatterà in Raif Effendi, collega di lavoro taciturno e solitario, che conduce uno stile di vita mediocre. Viene sbeffeggiato da tutti, nessuno gli riconosce i suoi meriti lavorativi e lui tanto meno cerca di mutare la sua condizione. 
Raif ha una salute cagionevole e spesso di assenta da lavoro, ma continua a svolgere le sue mansioni da casa. Accade, però, che le sue condizioni di salute si aggravano e così in punto di morte Effendi chiede al suo collega di buttar via un taccuino che conserva gelosamente nella scrivania del suo studio. Il giovane ragazzo si rende conto che in quel taccuino è contenuto il segreto della mediocre esistenza di Effendi e così decide di non disfarsene, ma inizia a leggerlo e a conoscere la vera storia di quell'uomo così enigmatico e miserabile. 


È proprio da qui che prende le mosse la seconda parte del romanzo. Siamo negli anni '20,  Effendi Raif lascia Ankara per andare a lavorare in un saponificio a Berlino. Qui il ragazzo conduce una vita solitaria in compagnia dei suoi romanzi russi e alla scoperta della città in cui si trova a vivere.
Effendi porta in errore il lettore, in quanto inizialmente incarna perfettamente la figura dell'inetto, inabile a vivere, incapace di provare sentimenti autentici, e di trovare un interesse che lo faccia uscire dal suo stato di apatia. Questo fino a quando non si imbatte in un dipinto, "Madonna col cappotto di pelliccia", autoritratto di Maria Puder. Raif rimane talmente folgorato da quella figura femminile che torna ogni giorno per poterlo ammirare in completa solitudine.
Quando meno se lo aspetta, però, Raif incontra la vera Madonna dal cappotto di pelliccia e da quel momento inizia finalmente a vivere. 


"Maria Puder mi aveva insegnato che avevo un'anima. E pure io per la prima volta scoprivo che anche lei, tra le tante persone che avevo incontrato, ne aveva una. Ovviamente ogni essere umano ne è dotato, ma non tutti ne sono consapevoli. La maggior parte delle persone passano per questo mondo del tutto ignare di ciò. Un'anima si manifesta solo quando trova la sua gemella e non ha più bisogno di confrontarsi con gli altri, con l'altrui raziocinio e gli altrui calcoli... Solo allora cominciamo a vivere veramente - a vivere con la nostra anima".


Ma, l'amore non è sempre felicità e gioia. Esso può essere dilaniante, può spazzare via tutti i nostri sogni e i nostri desideri futuri. Ed è proprio questo che accade a Raif. Nel momento in cui l'uomo inizia a vivere lo fa a 360 gradi, sperimentando tutti quei sentimenti che fino ad allora non credeva potessero appartenergli e che poi non proverà più per nessun'altra persona al mondo.

La seconda parte di questo romanzo costituisce un diario intimo e toccante, che difficilmente non porterà il lettore a commuoversi per quest'uomo così pieno di qualità e di amore che ha dovuto condurre, invece,  un'esistenza vuota e triste per via di un crudele destino. 
All'inizio mi veniva da pensare: "ma Raif non conosce rabbia, non è dotato di amor proprio?", mi arrabbiavo io per lui e desideravo che ponesse fine a questa cupa esistenza che non aveva niente a che fare con la vita vera. Poi, alla fine del romanzo, ho capito tutto e lo capirete anche voi.
Una volta trovata la felicità assoluta, quella che ti fa battere il cuore e ti fa sentire vivo, se la si perde con essa sparisce tutto: sentimenti, passioni, virtù, ed anche la vita stessa.


Giudizio

 


Assegno 3 penne e mezzo a questo romanzo, il primo scritto da un autore turco in cui mi imbatto.
Spero che tutti voi decidiate di leggerlo e non tanto per la trama che ho molto apprezzato, ma per gli spunti di riflessione che esso reca con sé. Perché Madonna col cappotto di pelliccia è un romanzo che, anche dopo averlo terminato, continua a parlarti e a palesarsi continuamente nella tua mente, conducendoti a porti una domanda: la mia è una vita felice?


A presto,
la vostra Contessa


mercoledì 23 gennaio 2019

Cosa penso de' "Gli indifferenti" di Moravia





"Così mi ero messo in testa di scrivere un romanzo che avesse al tempo stesso le qualità di un'opera narrativa e quelle di un dramma. Un romanzo con pochi personaggi, con pochissimi luoghi, con  un'azione svolta in poco tempo. Un romanzo in cui non ci fossero che il dialogo e gli sfondi e nel quale tutti i commenti, le analisi e gli interventi dell'autore fossero accuratamente aboliti i una perfetta oggettività. [...] Basti dire che io ancora prima di scriverne, desideravo vivere la tragedia. Tutto ciò che era delitto, contrasto sanguinoso e insanabile, passione spinta al grado estremo, mi attraeva infinitamente. Ciò che si chiama vita normale non mi piaceva, mi annoiava e mi pareva privo di sapore. Con ogni probabilità in quel tempo scrivere per me fu un surrogato delle esperienze che non avevo fatto e che non riuscivo a fare".


Le parole che avete appena letto rispondono ad una domanda che la rivista La nuova Europa pose ad Alberto Moravia: in che modo e per quale motivo hai deciso di scrivere "Gli indifferenti"?

Ma fermiamoci un attimo e torniamo indietro. 

È il 1925 quando Alberto Moravia non ha ancora diciottenne si trova in convalescenza a Bressanone, dopo lungo periodo trascorso in completa immobilità per curare una brutta malattia: la tubercolosi ossea. In questa circostanza, il giovane ragazzo si fa regalare una macchina da scrivere e si impegna nella stesura di quel romanzo che da tempo gli occupa la mente. Nella sua vita non c'è più spazio per la malattia, il dolore e la solitudine, Alberto è determinato a realizzare il suo sogno più grande: diventare un affermato scrittore. 

"Gli indifferenti" viene pubblicato nel 1929 e ottiene i pareri entusiastici di molti uomini di lettere dell'epoca come Borgese e Bontempelli. Tuttavia, nel clima del Ventennio fascista, questo romanzo rappresenta una voce fuori dal coro. La critica letteraria gli è infatti ostile, perché ne condanna l'aperta polemica sociale e il suo forte carattere antiborghese. In seguito, però, Moravia chiarirà che il suo esordio letterario non aveva alcun tipo di intento politico o sociale, ma solo letterario. Questo perché Alberto è nato e cresciuto nell'ambiente borghese, lo è egli stesso vivendo come tale e dopo aver scritto questo romanzo prende finalmente coscienza della sua condizione. Su questo punto sarà sempre chiaro come apprendiamo dalle sue stesse parole:


"Che poi Gli indifferenti sia risultato un libro antiborghese questa è tutta un'altra faccenda. La colpa o il merito è soprattutto della borghesia, specie quella italiana in cui ben poco o nulla è suscettibile di ispirare non dico ammirazione ma neppure la più lontana simpatia".


Ma di cosa parla "Gli indifferenti"?

Nel suo romanzo d'esordio Moravia racconta lo sfacelo di una famiglia borghese che vive d'apparenza, di valori precari e di grottesche pantomime. Quattro sono i suoi protagonisti: la madre Mariagrazia ridicola e assolutamente detestabile per le lagne e le isteriche scene di gelosia delle quali rende partecipe tutta la famiglia; il figlio Michele, ragazzo la cui vita è imperniata dal male di vivere e da una profonda indifferenza nei confronti di tutto ciò che lo circonda; la figlia Carla che, presa da un'insopportabile noia, decide di provare a cambiare la sua vita compromettendosi per sempre; ed infine c'è Leo, uomo d'affari e amante che guarda tutti dall'alto al basso del suo potere e sfrutta la ricchezza che possiede e il suo buon nome per il proprio tornaconto personale. In realtà, oltre a questi tre personaggi principali ce n'è anche un altro, il quale pian piano si immette nella vicenda e finisce per assumere un ruolo davvero importante ai fini dell'intreccio. Il suo nome è Lisa, coetanea di Mariagrazia e sua presunta amica. Anche lei è stata amante di Leo, ma adesso le sue attenzioni si sono spostate verso una nuova preda, per conquistare la quale è pronta a sfoderare tutte le sue armi di seduzione. 

Fin dalla prima pagina, il libro è imperniato da una forte tensione sessuale che viene evocata già nella prima scena in cui Leo cerca di sedurre la giovane Carla. Questa tensione si esaurirà quasi alla fine del romanzo e sarà uno dei motivi principali per cui il lettore non riuscirà a staccarsi dalle pagine de' "Gli indifferenti", fino a quando non lo avrà terminato. Solo una persona che non aveva rapporti con il gentil sesso (e forse non li aveva ancora mai avuti) e quindi insoddisfatta sessualmente, poteva rendere sulla pagina un tale eccitamento ancora inespresso. E Moravia, che in quel periodo era in piena convalescenza e attorniato solo dai suoi familiari, di certo non si intratteneva con giovani donne o riusciva a intrecciare relazioni amorose. 

Attenzione, però, sappiate che questo è il romanzo della non realizzazione. Nulla esplode sulla pagina, nulla avviene davvero o per lo meno non come penseremmo noi. Non dobbiamo dimenticarci, infatti, che i protagonisti di questa storia sono dei borghesi che provano noia ed indifferenza nei confronti della vita ed è proprio per questo che non trovano il coraggio di affrontarla di petto. I problemi si trascurano come se non esistessero davvero, si cerca di cambiare la propria esistenza non in positivo ma in negativo e, per di più, non si giunge mai alla resa dei conti. 
L'unico che sembra rendersi conto di ciò che sta davvero accadendo è Michele.

"Non esistevano per lui fede, sincerità, tragicità; tutto gli appariva pietoso, ridicolo, falso, dalla sua noia; ma capiva la difficoltà e i pericoli della sua situazione: bisognava appassionarsi, agire, soffrire, vincere quella debolezza, quella pietà, quella falsità, quel senso del ridicolo; bisogna essere tragici e sinceri".


Michele è quel che si dice un vero e proprio inetto, ma con una particolarità da non trascurare: è assolutamente consapevole della sua inabilità alla vita. Non trova un posto nel mondo, non sa qual è la strada giusta da percorrere, si sforza di provare sentimenti verso cui è totalmente indifferente, ma  resta comunque l'unico personaggio che non riesce a fingere fino in fondo. Michele è annoiato e non si cura di tutto ciò che sta succedendo alla sua famiglia: il fallimento economico, la virtù perduta di sua sorella e la spregiudicatezza della madre. Sono tutte cose che avverte con chiarezza, e che per tutto il romanzo prova a gestire prima con la finzione e poi con la verità, fallendo miseramente. 
Nonostante ciò, il lettore non può non affezionarsi a questo ragazzo, perché almeno una volta nella vita tutti ci siamo sentiti Michele, ci siamo resi conto di esserci smarriti e di non trovare più la motivazione per mandare avanti la nostra vita. Il male di vivere affligge tutti prima o poi, ma per il protagonista de' "Gli indifferenti" costituisce uno status quo permanente.

Mi sono già dilungata abbastanza su questo romanzo che ormai tutti conosco e che la maggior parte dei miei lettori avrà già letto. Sono certa, però, che tra voi c'è ancora chi, per via un timore reverenziale nei confronti di Moravia, non ha ancora affrontato quest'opera. Ecco, proprio a voi dico: non abbiate paura, aprite Gli indifferenti e leggetelo, perché vi renderete conto fin dalle prime pagine che è un romanzo attualissimo, pieno di spunti di riflessione che scorre via troppo in fretta. 


Spero di avervi convinti, ma se siete arrivati a leggermi fino a qui forse ho qualche speranza di essere riuscita nel mio intento.

Un abbraccio e a presto
La vostra Contessa




martedì 22 gennaio 2019

[Recensione]: "L'atlante dei luoghi misteriosi d'Italia" di Bongiorni e Polidoro



L'Atlante dei luoghi misteriosi d'Italia a cura di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro








Ormai al giorno d'oggi è difficile che qualcosa riesca a sorprenderci, per via del fatto che con l'impiego delle nuove tecnologie riusciamo a conoscere tutto delle persone, delle cose e dei paesi lontani o vicini a noi. Ma è proprio per "colpa" di questa facilità di ricezione delle notizie se spesso ignoriamo fatti, storie e leggende che hanno popolato e popolano ancora la nostra penisola. 
"L'atlante dei luoghi misteriosi in Italia" nasce proprio con l'intento di far compiere a noi lettori un viaggio che ci porterà a scoprire luoghi, enigmi e misteri di cui la cara Italia è ricca. 
L'opera è corredata da una cartina geografica sulla quale sono segnalati i luoghi di cui si parlerà, ed è poi divisa in tre sezioni: nord, centro e sud. Si parte dalla Valle d'Aosta e si termina questo lungo viaggio nella splendida Sardegna. Inoltre, in appendice, si trovano note di approfondimento e un indice dei nomi, i quali rendono la  consultazione del testo molto più semplice e scorrevole. 

All'interno di quest'opera sono riportati misteri noti a tutti come quello legato al sangue di San Gennaro, che per tre volte l'anno si liquefa: il sabato che precede la prima domenica di maggio, il 19 settembre e il 16 dicembre. Oltre a descrivere l'atto miracoloso in sé, gli autori cercano anche di fornire una spiegazione logica per questa e molte altre storie narrate all'interno dell'Atlante. Ad esempio, sapevate che la liquefazione del sangue del santo potrebbe essere spiegata attraverso il fenomeno della tissotropia? (è la proprietà che alcuni materiali hanno di cambiare stato da solido a liquido, ad esempio in seguito a piccole scosse, come quelle che compie il sacerdote mentre regge il reliquario). Una spiegazione viene trovata anche per ciò che riguarda il miracolo dell'ostia insanguinata di Bolsena, che fu smascherato dal farmacista Bartolomeo Brizio. Egli, infatti, scoprì che non si trattava di sangue, ma del batterio "Serratia  marcescens".

Troviamo poi luoghi densi di mistero come la Sacra di San Michele di Torino, di cui Umberto Eco si servì per descrivere l'abbazia benedettina in cui è ambientato "Il nome della rosa".
Ancora case e castelli infestati da fantasmi come il castello di Azzurrina, la bambina albina a cui la madre tingeva i capelli con le erbe e così finivano per ricoprirsi di chiazze blu, o il fantasma della volpe del Castello di Strozzavolpe. 

Inoltre, sono raccontati episodi di presunta possessione demoniaca come nel caso di Verzegnis, dove le indemoniate vennero "curate" con  l'isolamento forzato e  l'asporto delle ovaie. 

Ed ancora il volto santo di Manoppello, il coccodrillo imbalsamato del Santuario della Beata Vergine delle Grazie di Curtatone, le catacombe del convento dei cappuccini a Palermo e via discorrendo.

Ci sarebbe davvero tanto di cui discutere, ma vi svelerei tutte le affascinanti storie raccolte in questo atlante e non voglio assolutamente rovinarvi il momento in cui lo aprirete, lo sfoglierete e godrete della bellezza e del fascino di luoghi meravigliosi, reali o leggendari che siano. 

Per questo vi invito assolutamente ad acquistare quest'opera che non è solo impeccabile nelle sue descrizioni, ma riporta al suo interno anche delle illustrazioni davvero ben fatte e molto evocative.


A presto con la prossima recensione.

Un abbraccio, 
la vostra Contessa.