"Così mi ero messo in testa di scrivere un romanzo che avesse al tempo stesso le qualità di un'opera narrativa e quelle di un dramma. Un romanzo con pochi personaggi, con pochissimi luoghi, con un'azione svolta in poco tempo. Un romanzo in cui non ci fossero che il dialogo e gli sfondi e nel quale tutti i commenti, le analisi e gli interventi dell'autore fossero accuratamente aboliti i una perfetta oggettività. [...] Basti dire che io ancora prima di scriverne, desideravo vivere la tragedia. Tutto ciò che era delitto, contrasto sanguinoso e insanabile, passione spinta al grado estremo, mi attraeva infinitamente. Ciò che si chiama vita normale non mi piaceva, mi annoiava e mi pareva privo di sapore. Con ogni probabilità in quel tempo scrivere per me fu un surrogato delle esperienze che non avevo fatto e che non riuscivo a fare".
Le parole che avete appena letto rispondono ad una domanda che la rivista La nuova Europa pose ad Alberto Moravia: in che modo e per quale motivo hai deciso di scrivere "Gli indifferenti"?
Ma fermiamoci un attimo e torniamo indietro.
È il 1925 quando Alberto Moravia non ha ancora diciottenne si trova in convalescenza a Bressanone, dopo lungo periodo trascorso in completa immobilità per curare una brutta malattia: la tubercolosi ossea. In questa circostanza, il giovane ragazzo si fa regalare una macchina da scrivere e si impegna nella stesura di quel romanzo che da tempo gli occupa la mente. Nella sua vita non c'è più spazio per la malattia, il dolore e la solitudine, Alberto è determinato a realizzare il suo sogno più grande: diventare un affermato scrittore.
"Gli indifferenti" viene pubblicato nel 1929 e ottiene i pareri entusiastici di molti uomini di lettere dell'epoca come Borgese e Bontempelli. Tuttavia, nel clima del Ventennio fascista, questo romanzo rappresenta una voce fuori dal coro. La critica letteraria gli è infatti ostile, perché ne condanna l'aperta polemica sociale e il suo forte carattere antiborghese. In seguito, però, Moravia chiarirà che il suo esordio letterario non aveva alcun tipo di intento politico o sociale, ma solo letterario. Questo perché Alberto è nato e cresciuto nell'ambiente borghese, lo è egli stesso vivendo come tale e dopo aver scritto questo romanzo prende finalmente coscienza della sua condizione. Su questo punto sarà sempre chiaro come apprendiamo dalle sue stesse parole:
"Che poi Gli indifferenti sia risultato un libro antiborghese questa è tutta un'altra faccenda. La colpa o il merito è soprattutto della borghesia, specie quella italiana in cui ben poco o nulla è suscettibile di ispirare non dico ammirazione ma neppure la più lontana simpatia".
Ma di cosa parla "Gli indifferenti"?
Nel suo romanzo d'esordio Moravia racconta lo sfacelo di una famiglia borghese che vive d'apparenza, di valori precari e di grottesche pantomime. Quattro sono i suoi protagonisti: la madre Mariagrazia ridicola e assolutamente detestabile per le lagne e le isteriche scene di gelosia delle quali rende partecipe tutta la famiglia; il figlio Michele, ragazzo la cui vita è imperniata dal male di vivere e da una profonda indifferenza nei confronti di tutto ciò che lo circonda; la figlia Carla che, presa da un'insopportabile noia, decide di provare a cambiare la sua vita compromettendosi per sempre; ed infine c'è Leo, uomo d'affari e amante che guarda tutti dall'alto al basso del suo potere e sfrutta la ricchezza che possiede e il suo buon nome per il proprio tornaconto personale. In realtà, oltre a questi tre personaggi principali ce n'è anche un altro, il quale pian piano si immette nella vicenda e finisce per assumere un ruolo davvero importante ai fini dell'intreccio. Il suo nome è Lisa, coetanea di Mariagrazia e sua presunta amica. Anche lei è stata amante di Leo, ma adesso le sue attenzioni si sono spostate verso una nuova preda, per conquistare la quale è pronta a sfoderare tutte le sue armi di seduzione.
Fin dalla prima pagina, il libro è imperniato da una forte tensione sessuale che viene evocata già nella prima scena in cui Leo cerca di sedurre la giovane Carla. Questa tensione si esaurirà quasi alla fine del romanzo e sarà uno dei motivi principali per cui il lettore non riuscirà a staccarsi dalle pagine de' "Gli indifferenti", fino a quando non lo avrà terminato. Solo una persona che non aveva rapporti con il gentil sesso (e forse non li aveva ancora mai avuti) e quindi insoddisfatta sessualmente, poteva rendere sulla pagina un tale eccitamento ancora inespresso. E Moravia, che in quel periodo era in piena convalescenza e attorniato solo dai suoi familiari, di certo non si intratteneva con giovani donne o riusciva a intrecciare relazioni amorose.
Attenzione, però, sappiate che questo è il romanzo della non realizzazione. Nulla esplode sulla pagina, nulla avviene davvero o per lo meno non come penseremmo noi. Non dobbiamo dimenticarci, infatti, che i protagonisti di questa storia sono dei borghesi che provano noia ed indifferenza nei confronti della vita ed è proprio per questo che non trovano il coraggio di affrontarla di petto. I problemi si trascurano come se non esistessero davvero, si cerca di cambiare la propria esistenza non in positivo ma in negativo e, per di più, non si giunge mai alla resa dei conti.
L'unico che sembra rendersi conto di ciò che sta davvero accadendo è Michele.
"Non esistevano per lui fede, sincerità, tragicità; tutto gli appariva pietoso, ridicolo, falso, dalla sua noia; ma capiva la difficoltà e i pericoli della sua situazione: bisognava appassionarsi, agire, soffrire, vincere quella debolezza, quella pietà, quella falsità, quel senso del ridicolo; bisogna essere tragici e sinceri".
Michele è quel che si dice un vero e proprio inetto, ma con una particolarità da non trascurare: è assolutamente consapevole della sua inabilità alla vita. Non trova un posto nel mondo, non sa qual è la strada giusta da percorrere, si sforza di provare sentimenti verso cui è totalmente indifferente, ma resta comunque l'unico personaggio che non riesce a fingere fino in fondo. Michele è annoiato e non si cura di tutto ciò che sta succedendo alla sua famiglia: il fallimento economico, la virtù perduta di sua sorella e la spregiudicatezza della madre. Sono tutte cose che avverte con chiarezza, e che per tutto il romanzo prova a gestire prima con la finzione e poi con la verità, fallendo miseramente.
Nonostante ciò, il lettore non può non affezionarsi a questo ragazzo, perché almeno una volta nella vita tutti ci siamo sentiti Michele, ci siamo resi conto di esserci smarriti e di non trovare più la motivazione per mandare avanti la nostra vita. Il male di vivere affligge tutti prima o poi, ma per il protagonista de' "Gli indifferenti" costituisce uno status quo permanente.
Mi sono già dilungata abbastanza su questo romanzo che ormai tutti conosco e che la maggior parte dei miei lettori avrà già letto. Sono certa, però, che tra voi c'è ancora chi, per via un timore reverenziale nei confronti di Moravia, non ha ancora affrontato quest'opera. Ecco, proprio a voi dico: non abbiate paura, aprite Gli indifferenti e leggetelo, perché vi renderete conto fin dalle prime pagine che è un romanzo attualissimo, pieno di spunti di riflessione che scorre via troppo in fretta.
Spero di avervi convinti, ma se siete arrivati a leggermi fino a qui forse ho qualche speranza di essere riuscita nel mio intento.
Un abbraccio e a presto
La vostra Contessa
Ciao Annina, sono venuta a recuperare quello che hai scritto anche qui e niente.. Sono assolutamente d'accordo su tutto. C'è chi nasce per scrivere ed è chiaro che Moravia è una di quelle persone. 💕
RispondiEliminaMi commuovo a vederti sul mio blog 😭😭
EliminaGrazie per aver letto tutto! E sì, Moravia è uno scrittore meraviglioso, non vedo l’ora di scoprire tutta la sua bibliografia❤️