Quest’anno partecipo all’iniziativa “Nel nome della strega”
di Annamaria, cara amica e splendida bookblogger.
Il libro che ho scelto è “La ragazza con la Leica” di Helena
Janeczek, scrittrice originaria di Monaco di Baviera e nata in una famiglia
ebreo-polacca che vive in Italia da oltre trent’anni.
Qualche tempo prima di prendere parte a questo progetto, ho
letto la trama del libro e mi è subito sembrato interessante. Chi è questa
ragazza con la Leica (che, per chi non lo sapesse, è una marca di macchine
fotografiche)? È Gerda (Gerta) Taro, nata Gerta Pohorylle, nel 1910 - tedesca
di famiglia ebreo polacca, commercianti di piccola borghesia. Entra a far parte
molto presto dei movimenti socialisti ed è molto attiva nel Partito Comunista
tedesco. Dopo esser stata in prigione, decide di scappare a Parigi, dove
conosce l’ungherese André Friedmann (poi ribattezzato Robert Capa) con cui si
fidanza e grazie al quale scopre il mondo della fotografia. Ciò che rende però
le sue foto particolari è il contesto della guerra, che piano piano si stava
facendo più aspra.
Gerda è un personaggio irrequieto, non si accontenta mai, è
temeraria, o, come viene definita all’interno del libro è “spericolata”. È a
causa di questo suo modo di essere che, purtroppo, incontra presto la morte.
È il primo di agosto millenovecentotrentasette, Parigi è
attraversata da una fila di bandiere rosse: è il corteo funebre proprio per
Gerda, la prima fotografa morta in un campo di battaglia come se fosse un
soldato.
È il giorno del suo ventisettesimo compleanno.
“Intorno alla tomba si espandeva una calca ingombrata di
striscioni e bandiere rosse che rendeva invisibile chi prendeva la parola. […]
Orazioni solenni e battagliere, telegrammi, versi (o erano frasi poetiche?)
dedicati a un’allodola scomparsa a Brunete che non cesserà mai di far udire il
proprio canto. Qualcuno ricordava che quel giorno, 1°agosto 1937 avrebbe
compiuto ventisette anni <<la nostra Gerda>>, la coraggiosissima
compagna che aveva dato la sua giovane vita per una lotta a cui sapeva
appartenere il futuro di tutti.>>”
Fra la folla
c’è il dottor Willy Chardack, detto “il Bassotto”, che nella prima parte ci
parla di quanto effettivamente fosse innamorato di Gerda, di come però potesse
amarla solo da lontano. Di lei, infatti, fra i numerosi episodi, racconta: “sì,
opportunista l’avevano pensato in molti. […] Era fatta così, era volubile e
volitiva, un metro e mezzo di orgoglio e ambizione, senza i tacchi. Bisognava
prenderla com’era: sincera sino a far male, affezionata a modo suo, sulla lunga
durata”.
C’è anche
Ruth Cerf, l’amica con cui ha condiviso la vita terribile parigina che occupa
la seconda parte della storia:
“Ruth non
aveva mai visto Gerda rinfacciarsi un errore, rimasticare un rimorso.”;
“a Gerda non
piacevano le cose che finivano”;
“Era
spiazzante, Gerda. […] Non sarebbero diventate amiche se quel parlarsi
liberamente non si fosse instaurato tra loro molto presto, facendo vacillare le
prime impressioni che Ruth si era fatta. La bambolina di Stoccarda non era solo
più divertente di qualsiasi oca infiocchettata. […] Era qualcosa di diverso.”
Infine c’è Georg
Kuritzkes, che occupa la terza ed ultima parte, fidanzato di Stoccarda, al
quale Gerda è sempre rimasta legata da un profondo affetto – anche se l’amore
per Capa era qualcosa di inspiegabile. Georg dice:
“Non capisco
cosa sentiva. Paura poca, d’accordo. E poi?”
“Oggi
nessuno sa più chi era Gerda Taro. Si è persa traccia persino del suo lavoro fotografico,
perché Gerda era una compagna, una donna, una donna coraggiosa e libera, molto
bella e molto libera, diciamo libera sotto ogni aspetto.”
Il libro è
completato da un prologo e un epilogo molto particolari: si inizia con una foto
scattata da Capa e Taro e termina con un ritratto proprio di questi due. Si
sono amati veramente tanto, ma Capa non si è mai perdonato di averla lasciata
sola in quel servizio fotografico che apparentemente non doveva essere così
pericoloso.
La
scrittrice, però, a mio parere, ha perso di vista l’obiettivo chiave, ovvero
quello di raccontare la storia di Gerda.
Ce la
presenta con gli occhi di chi le è stato accanto, di chi l’ha vissuta in tutta
la sua imprevedibilità e in tutto il suo coraggio.
Potrebbe
essere una struttura molto interessante, se avesse incentrato la sua scrittura su
quella che dovrebbe essere la protagonista indiscussa di questo libro, ed è
questo l’errore più grande che, secondo la mia modesta opinione, l’autrice ha
commesso: introduce troppi personaggi facendo perdere il filo del discorso al
lettore. Gerda è raccontata e descritta solo di sbieco, in conseguenza a
ricordi e immersa nel contesto bellicoso. Non solo: i continui salti temporali
fra ricordi e presente non aiutano affatto.
Tutto ciò è
sorprendente, soprattutto perché nei ringraziamenti specifica di aver
conosciuto Gerda Taro grazie ad una mostra a lei dedicata, organizzata da Irme
Schaber, la quale ha anche scritto delle biografie sulla stessa fotografa. Il
materiale, dunque, non mancava. Sorprende anche che lei sostenga che l’anima
del libro è frutto della sua immaginazione: i personaggi sono esistiti davvero,
allora dove la troviamo questa sua fantasia?
Della Taro
si percepisce comunque che tipo fosse: spregiudicata, testarda, indipendente, controcorrente,
impulsiva e istintiva, coraggiosa, rivoluzionaria.
Per
conoscerla a fondo, però, ho dovuto condurre delle mie ricerche personali
attraverso internet: solo da queste ho potuto comprendere in pieno il
significato di una frase che lei disse: “Capite quanto la mia Leica sia utile
alla causa?”
Fotografare
le idee politiche e sociali al fine di realizzare una rivoluzione con l’arte.
Probabilmente
mi aspettavo una biografia pura, un racconto sulla guerra vista da occhi
diversi e innovativi allo stesso tempo; forse, ancora, speravo che l’autrice
prendesse Gerda come narratrice usufruendo dei racconti di chi l’ha conosciuta.
È
sicuramente una figura interessante ed è possibile che sia questo il fattore
che ha portato la Janeczek in finale: bisognerebbe tuttavia capire perché ha
seguito questo tipo di struttura per comprendere la storia fino in fondo.
Vi ricordo la tappa precedente e quelle successive de' "Nel nome della strega II":
14 MAGGIO: TWINS BOOKS LOVERS con “Le stanze dell’addio” di Yari Selvetella.
16 MAGGIO: GIULSJUPS con “La ragazza con la leica” di Helena Janeczek.
18 MAGGIO: LA BIBLIOTECA DI STEFANIA con “Sangue giusto” di Francesca Melandri.
21 MAGGIO: MATTIA TORTELLI con “Da tuo terrazzo si vede casa mia” di Elvis Malaj.
23 MAGGIO: RECENSIONI LAMPO con “La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg” di Sandra Petrignani.
25 MAGGIO: RESPIRO DI LIBRI con “Anni luce” di Andrea Pomella.
28 MAGGIO: THE BOOK LAWYER con “Come un giovane uomo” di Carlo Carabba.
30 MAGGIO: ATTORCIGLIATA con “La madre di Eva” di Silvia Ferreri.
1 GIUGNO: GENTE DI TACCUINO con “Il figlio prediletto” di Angela Nanetti.
4 GIUGNO: L COME LIBRO con “Questa sera è già domani” di Lia Levi.
6 GIUGNO: LEGGO LIBRI con “Il gioco” di Carlo D’Amicis.
8 GIUGNO: LA CONTESSA RAMPANTE con “Resto qui” di Marco Balzano.
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