Cari lettori, oggi vi riporto la recensione de "Il nome della rosa" di Umberto Eco. Il mio primo incontro con questo romanzo è nato un po' per caso, quando ho deciso di inserirlo nella prima categoria dell'Italian Book Challenge a cui partecipavo. Infatti, si trattava di leggere un romanzo che avesse vinto un premio nazionale. Ovviamente io ho pensato subito al premio Strega e al romanzo di Eco che mi incuriosiva già da diverso tempo, così mi son fatta coraggio, l'ho ordinato in libreria e l'ho letto. Purtroppo, però, non sono riuscita a comprenderlo fino in fondo e adesso so perché. Mi mancava qualcosa e solo dopo ho capito cosa: non possedevo una grande conoscenza del mondo medievale e neanche dello scenario religioso di quei tempi, ed era questo il motivo per il quale avevo solo in parte afferrato il senso del grande capolavoro di Eco. Ma la vita a volte ci fa intraprendere delle strade che mai ci saremmo aspettati di percorrere, e così è accaduto a me. Essendo iscritta all'ultimo anno del corso di laurea in Filologia Moderna, nel marzo di quest'anno mi recai a chiedere la tesi al professore di letteratura latina medievale e umanistica, in quanto il suo esame aveva destato molto interesse in me. Come ho già detto prima, però, conoscevo molto poco il mondo medievale quindi si propose il problema di scegliere un argomento con cui avessi familiarità. A questo punto il mio relatore mi chiese il titolo dell'ultimo libro che avevo letto ed io risposi "Il nome della rosa". Dopo aver ascoltato la mia risposta mi propose di redigere una tesi su Ubertino da Casale, uno dei personaggi più importanti del romanzo di Eco. Io accettai subito e da quel momento in poi "Il nome della rosa" è diventato un mio fedele compagno per ben 8 mesi, fino a quando non ho terminato la stesura della mia tesi. Ho continuato a leggere questo romanzo, per trovare nuovi spunti di riflessione, per comprendere meglio il tempo medievale e il modo in cui la religiosità si manifestava in quel periodo, ma soprattutto per conoscere le mille sfaccettature di Ubertino da Casale. Per tutti questi motivi, ho eletto "Il nome della rosa" romanzo del mio destino, ecco perché ci tengo davvero tanto ad offrirvene un piccolo assaggio attraverso le considerazioni e le riflessioni che ho tratto da questa opera.
Titolo: Il nome della rosa
Autore: Umberto Eco
Editore: Bompiani
Anno di pubblicazione: 1980
Pagine: 576
Prezzo: 14,00 euro
Citazione preferita: "Il bene di un libro sta nell'essere letto. Un libro è fatto di segni che parlano di altri segni, i quali a loro volta parlano delle cose. Senza un occhio che le legga, un libro reca segni che non producono concetti, e quindi è muto."
Trama: Durante l'ultima settimana del novembre 1327, il novizio Adso da Melk accompagna in un'abbazia dell'alta Italia frate Guglielmo da Baskerville, un ex inquisitore incaricato dall' abate del monastero di indagare su una serie di delitti avvenuti all'interno di una biblioteca labirintica e inaccessibile. Per risolvere il caso, Guglielmo, dovrà decifrare indizi di ogni genere, dal linguaggio delle erbe, a lingue ignote, fino ad arrivare alle mosse diplomatiche degli uomini di potere. La soluzione arriverà grazie alla sua saggezza e all'aiuto del giovane Adso, ma forse troppo tardi.
Il ruolo di narratore di questa vicenda spetta al novizio Adso da Melk, il giovane compagno di Guglielmo da Baskerville ed anche quello che rimarrà più turbato dalle vicende che avvengono in questa misteriosa abbazia. Adso è di certo il personaggio a cui mi sono affezionata maggiormente, probabilmente perché nel corso dell'intero romanzo si compie la sua formazione e non senza che egli compia degli errori. Infatti, il giovane cadrà vittima delle lussurie carnali che, però, subito confesserà al proprio maestro pentendosi di ciò che ha fatto. Guglielmo gli farà comprendere come sia facile sbagliare alla sua età e non gli sarà difficile capire come questo ragazzo abbia confuso la pietà - per una povera contadinella che vive nel villaggio accanto all'abbazia - per amore e l'affetto per attrazione fisica.
Adso sarà poi indispensabile nell'aiutare il suo maestro a venire a capo di alcuni enigmi riguardanti le morti di diversi monaci. Quello che molti non sanno, però, è che per creare questa strana coppia di investigatori, Eco fu ispirato dal ciclo di romanzi di Arthur Conan Doyle che hanno come protagonista Sherlock Holmes e la sua spalla il dottor Watson. Incredibile, vero? Beh, mica così tanto se pensiamo che ogni volta che uno scrittore di romanzi gialli prende una penna in mano ed inizia a scrivere, ha sempre come riferimento il più celebre investigatore della letteratura: Sherlock.
Anche il personaggio oggetto della mia tesi ricopre una certa importanza in questo romanzo. Infatti, io credo che egli assuma in un certo modo il ruolo di secondo maestro di Adso, informandolo sulla mala pianta dell'eresia e sui peccati carnali in cui un buon monaco non deve mai incorrere. Su quest'ultimo punto in realtà proprio Ubertino non poteva dare di certo lezioni al giovane novizio, in quanto proprio lui fu un peccatore (nella sua opera più importante l' Arbor vitae parla di un'empia notte in cui peccò), anche se poi si pentì grazie all'incontro di donne sante come Chiara da Montefalco. Quindi, proprio Adso commette gli stessi errori di un altro suo maestro, ma a differenza di Ubertino cerca subito perdono nella persona di Guglielmo che lo ascolta e lo rassicura come farebbe un padre premuroso.
Una domanda che si pongono molti lettori una volta terminato il romanzo è quale sia il significato dell'esametro latino che conclude l'opera di Eco e cioè: Stat rosa pristina nome, nomina nuda tenemus.
Io posso dirvi che si tratta di un verso del De contemptu mundi di Bernardo Morliacense, un benedettino del XII secolo, che però recitava così: Stat Roma pristina nomine, nomina nuda tenemus. Eco sostituisce la parola "Roma" con "rosa". Potremmo tradurre l'esametro in questione in questo modo: la rosa primigenia esiste solo nel nome, possediamo soltanto nudi nomi.
Essendo questo un romanzo, come ci dice lo stesso Eco, non c'è un'unica interpretazione da dare a queste parole, perché se no il mistero che gli scrittori creano intorno alla propria opera cesserebbe di esistere e così anche il fascino che questi romanzi destano in noi lettori. Un'idea io, però, me la sono fatta ed è questa. Eco, nel personaggio di Guglielmo da Baskerville ci invita a non guardare le cose con superficialità perché esse hanno un'essenza che si cela ai nostri occhi e che se non scaviamo e indaghiamo in noi stessi non potremmo mai comprendere fino in fondo ciò che ci circonda. Lo stesso maestro di Adso ha commesso questo errore, cercando di mettere insieme i tasselli di un puzzle (quello che riguardava l'assassinio dei monaci dell'abazia), attraverso intuizioni sagge, ma errate che lo avrebbero condotto su una strada sbagliata se non fosse stato depistato (in positivo) dal destino e da altri eventi accaduti all'interno dell'abbazia. Insomma Eco, ci vuole spingere verso la strada della verità e della riflessione che sono indispensabili per evitare di condurre una vita vuota ed effimera.
Il film
Da "Il nome della rosa" è stato tratto anche un film italo-franco- tedesco del 1986, girato dal regista Jean-Jacques- Annaud e che ha come protagonisti Sean Connery nei panni di Guglielmo e Christian Slater in quelli di Adso da Melk. Il film presenta davvero tantissime differenze rispetto al romanzo, ma il motivo di ciò è da rintracciare nel fatto che la pellicola cinematografica è soltanto liberamente ispirata all'opera di Eco e quindi anche se quest'ultimo ha acconsentito a lasciare il suo nome come autore del testo ispiratore nei titoli di coda del film, dobbiamo comunque tener conto che si tratta di due progetti completamente differenti e come tali devono essere considerati.
Infine il punteggio che assegno a questo romanzo è di ben 4 penne perché vale davvero la pena leggerlo!
Scusate se mi sono dilungata troppo, ma ci tenevo a parlarvi del mio fedele compagno di un viaggio tanto lungo che sta per concludersi. Sono tanto curiosa di sapere cosa ne pensate, se lo avete mai letto e soprattutto di conoscere i vostri libri del destino!
Un bacione, a presto!
Questo libro ovviamente lo conosco perchè famosissimo ma non ho mai avuto il piacere di leggerlo. Devo dire che sinceramente mi ispira però poi non mai trovato nè il tempo nè la voglia di cominciarlo perchè attirata poi da altri libri.
RispondiEliminaLa tua bellissima recensione me l'ha fatto rivalutare
Susy, questo libro è molto bello così come è anche molto pesante, ma se riesci a trovare il momento giusto per leggerlo allora riuscirai a farlo tuo. Fammi sapere :)
EliminaAl replica rolex cinturino è attaccato un cinturino in silicone, anche se alcuni modelli Prospex (come SRPE05) sono repliche rolex abbinati a un bracciale in acciaio coordinato; il cinturino è molto comodo ma anche piuttosto lungo. Anche imitazioni rolex la fibbia e il supporto per cinturino sono in metallo e hanno un aspetto eccellente. Avrei preferito un cinturino in gomma su tutti, ma rolex falsi questo è abbastanza decente per il prezzo. Se sei come me e trovi il cinturino troppo lungo, prendi in considerazione un cinturino aftermarket Rolex replica per Prospex SRPE, in quanto possono anche migliorare ulteriormente l'aspetto di questo replica Rolex orologio strumento molto versatile.
RispondiElimina