sabato 13 marzo 2021

[Recensione]: “L’arte di restare a galla” di Valentina Ferrari

      “Oggi ho compiuto trent’anni e se qualcuno mi chiedesse se era proprio così che avrei immaginato la vita a trent’anni la mia risposta sarebbe chiara, senza esitazioni: assolutamente no.”




Essere dei trentenni nella società attuale non è di certo semplice. La pressione a cui siamo sottoposti dal futuro che i nostri genitori desiderano per noi, dalle frecciatine che la zia acida a Natale ci riversa addosso; dagli amici con un lavoro, una casa e prole al seguito, di certo non ci consentono di vivere la nostra vita in maniera libera, lontana dai luoghi comuni e all’altezza dei nostri sogni.

Sì, perché a trent’anni sei ormai un adulto a tutti gli effetti e secondo una mentalità retrograda, ma ancora ben radicata nella mente dei ben pensanti, se non hai un lavoro fisso, un marito e hai messo in cantiere almeno un figlio, puoi ritenerti un fallito.

A raccontarci in modo brillante, ironico e frizzante, il calvario di noi trentenni è Valentina Ferrari, con il suo romanzo “L’arte di restare a galla”.
La protagonista è Amelia, una ragazza dai lunghi capelli biondi, studiosa e intelligente, ma abbastanza sfortunata. Vive nella cantina dei suoi e per conquistarsi un minimo di indipendenza svolge tre lavori: scrive per una rivista di hipster; porta a spasso il cane della signora Masi e fa la cameriera in un pub. 

Il suo ragazzo, Andrea, divide ancora il tetto con i genitori e insegue un unico sogno: quello di vivere delle sue poesie. Dopo una lunga relazione non sente ancora la necessità di prendersi le sue responsabilità, di pensare a costruire un futuro con Amelia. 

Intanto, la nostra protagonista, tra un attacco di panico e una crisi di pianto, incontra sulla sua strada tutte le difficoltà che noi giovani adulti ci troviamo ad affrontare: colloqui di lavoro fallimentari - soprattutto se sei donna, perché prima o poi desidererai avere un figlio e la maternità per molti datori di lavoro non è per niente contemplata - turbamenti sentimentali legati alla ricerca di quella stabilità che tanto agognamo e quel timore di non farcela, che ci fa restare svegli la notte e ci tormenta tutto il giorno.

Quello che ho apprezzato tantissimo di questo romanzo, è proprio il messaggio finale che vuole lasciarci l’autrice, che è reso esplicito dalla presa di coscienza di Amelia. 
Non importa quali obiettivi pensavi di raggiungere al compimento dei 30 anni, perché la vita è quello che ti capita tra un progetto e l’altro. Se Amelia avesse realizzato la sua idea di vita perfetta da donna sposata e madre, probabilmente non avrebbe mai incontrato Alberto, Milvia, Lidia e Viola, i suoi simpatici amici attempati che parlano in romanesco e le regalano sorrisi anche nelle giornate più difficili; non si sarebbe riscoperta una donna multitasking alle prese con ben tre lavori diversi e, infine, non avrebbe conosciuto Federico, il principe azzurro delle fiabe. 

Perché la vita non finisce a 30 anni, inizia semplicemente una fase più matura e consapevole, ma non per questo meno bella. 

Nessun commento:

Posta un commento