lunedì 23 luglio 2018

[Recensione]: "Mentre morivo" di William Faulkner



Titolo: Mentre morivo
Autore: William Faulkner
Data di pubblicazione: prima pubblicazione 1930; 
edizione Adelphi 2007
Case editrice: Adelphi
Pagine: 231
Prezzo: € 10,00

Trama

Nella contea di Yoknapatawpha, i Bundren, una famiglia di poveri contadini, viene presentata mentre veglia insieme ad alcuni vicini sugli ultimi momenti di vita della madre Addie. Morta quest'ultima, il marito ed i suoi cinque figli, caricano la barra su un carro malandato ed iniziano un lungo viaggio verso la lontana Jefferson, luogo in cui la donna era nata e desidera di essere sepolta. Solo dopo più di una settimana, la famiglia riesce a raggiungere la città, e sarà proprio durante questo arco di tempo che conosceremo meglio ogni personaggio, le sue emozioni, i suoi rancori ed i suoi segreti.


Recensione



Scrivere una recensione a proposito di "Mentre morivo" non è facile perché si rischia di dire troppo o troppo poco, ma voglio provarci perché ci tengo a trasmettere le sensazioni che ho provato durante la lettura di questo capolavoro. 
Il romanzo non ha una struttura lineare, ma è costituito dai flussi di coscienza di quindici personaggi: il padre Anse, i 5 figli dei Bundren (Cash, Darl, Jewel, Dewey Dell e Vardaman), i vicini di casa (Cora e Vernon Tull), il medico Peabody, il locandiere Samson, il prete Withfield, l'ospite Armstid, i droghieri Moseley e MacGowan ed infine la madre deceduta Addie. Ognuno di essi ha un proprio ruolo nella storia, un proprio carattere, un proprio segreto, ma soprattutto un proprio stile. Infatti, è questa la difficoltà della celebre opera di Faulkner, tutti parlano un linguaggio diverso e vivono la morte della signora Bundren in maniera completamente differente, a seconda della loro personalità. Il piccolo Vardaman è l'esempio lampante di ciò, rimane sempre poco lucido e per prendere coscienza pian piano della morte della madre si rifugia in un simbolo: il pesce.

"Mia madre è un pesce"

Attraverso figura del pesce squartato che poco prima gli è caduto dalle mani, Vardaman trova il coraggio di parlare della sua perdita, quella di un innocente che subisce gli eventi e non li cavalca mai. Durante tutto il tragitto che porterà la famiglia a Jefferson ed anche dopo la sepoltura di sua madre, il bambino continuerà a pensare a quel trenino rosso che desidera ricevere in dono per natale, ed è proprio per mezzo di questo continuo riferimento al gioco dell'infanzia che Faulkener sottolinea l'ingenuità e la tenera età di Vardaman, e ci fa rivivere il lutto dei Bundren attraverso gli occhi di un bambino.

Cash è il primogenito ed anche il più "sano" della famiglia, almeno secondo il mio parere. Sarà lui a costruire la bara della madre, davanti alla finestra dove proprio lei sta vivendo gli ultimi istanti della sua vita. L'atteggiamento di questo personaggio in certi passi è davvero commovente, infatti si immola quasi come un agnello sacrificale in diverse occasioni, e conduce il viaggio per seppellire sua madre, tra orribili dolori fisici, senza mai lamentarsi. Definirei il modo in cui vive il lutto come stoico, perché Cash non si preoccupa mai per sé, ma pensa sempre agli altri e soprattutto a suo fratello Darl, più vicino a lui per età. 
Molto spesso, durante la lettura di "Mentre morivo", il lettore sarà portato a pensare che Darl soffra di uno squilibrio mentale, probabilmente dovuto al fatto che egli è reduce di guerra. Proprio Cash dirà qualcosa a questo proposito:


"Certe volte non sono tanto sicuro di chi ha il diritto di dire quando uno e pazzo e quando uno no. Certe volte penso che nessuno di noi è del tutto pazzo e nessuno è del tutto normale finché il resto della gente lo convince ad andare  in un senso o nell'altro. E' come se non fosse tanto quello che uno fa , ma com'è che lo guarda la maggioranza di noi quando lo fa."


In questo passo ognuno può trovarci quello vuole, ma per me Cash vuole dirci chiaramente che Darl può sembrare pazzo perché qualcuno vuol farlo sembrare tale. Non vi dirò chi e neanche il perché, però, pensateci, in un romanzo in cui le azioni e i pensieri di un personaggio vengono raccontate dai personaggi stessi, in un romanzo in cui non c'è un narratore esterno ed obiettivo, non è molto più semplice lasciarsi condizionare dal punto di vista dell'altro? A me è successo, e solo dopo aver terminato il libro ed essermi soffermata a fare un'analisi oggettiva di ciò che avevo letto, ho capito di essermi sbagliata sul conto di Darl, di Jewel e soprattutto di Anse.


"Io sono l'eletto del Signore, perché colui che Egli ama, Egli lo punisce. Ma mi venga un accidente se non ha delle maniere curiose di mostrarlo, a quanto pare."


Anse è uno dei personaggi più disgustosi che io abbia mai incontrato nella mia vita da lettrice. Si appella ad una morale ipocrita e spicciola, che veste solo di facciata, perché in realtà quando invoca Dio e gli chiede aiuto non ci crede neanche un po'. All'inizio del romanzo forza la mano, mostrandosi come una povera vittima in ogni situazione, ma in realtà è proprio lui ad essere il carnefice, ad essere colui che dietro l'ossessione di un proposito onorevole - quello di seppellire la moglie nella sua terra natia - nasconde altro: il suo vero Io ipocrita ed egoista. I figli sono inconsapevoli marionette nelle sue mani, e l'unico che davvero non rischia mai e non si mette mai in gioco durante il viaggio è proprio questo padre, che forse padre non lo è mai stato.

Il personaggio che ho preferito è di certo Jewel. A quest'ultimo è attribuito solo un monologo e neanche particolarmente significativo, quindi per imparare a conoscerlo ci si deve rifare al racconto dei fratelli. Jewel appare fin da subito molto diverso dagli altri ragazzi Bundren e presto il lettore scopre il perché. Nelle sue vene brucia passione, una passione che simbolicamente possiamo rintracciare nel suo cavallo che ama più di se stesso e dei suoi familiari. Jewel è puro istinto, è enigmatico ed è proprio così che manifesta anche il suo modo di vivere la perdita di Addie, la quale ha sempre amato questo figlio segretamente più degli altri. 

Le pagine più belle ed emotivamente provanti di "Mentre morivo" sono, però, quelle affidate ad Addie, che narra la sua vita di madre e di moglie dall'aldilà .

"E quando mi resi conto di avere Cash, mi resi conto che vivere era terribile e che quella era la risposta. Fu allora che capii che le parole non servono a nulla; che le parole non corrispondono mai neanche a quello che tentano di di dire. Quando nacque mi resi conto che maternità era stata inventata da qualcuno che doveva trovarle una parola perché a chi i bambini li ha avuti non gli importava nulla se c'era una parola o no. Mi resi conto che la paura era stata inventata da qualcuno che non aveva mai avuto paura; orgoglio, da qualcuno che di orgoglio non ne aveva mai avuto [...] Mi resi conto che così era stato, non che il mio essere sola andava violato in continuazione tutti i giorni, ma che non era mai stato violato finché non era arrivato Cash. Nemmeno da Anse la notte."


Faulkner ci presenta subito Addie come una madre peccatrice, una donna che ha dei figli ma che, in realtà, non ha mai desiderato la maternità. A questo punto si potrebbe pensare che la signora Bundren sia una donna abbietta, un mostro della peggio specie, ma non è così. Leggendo le parole di Addie il lettore entrerà subito in empatia con questo personaggio, e sarà catapultato nella sua vita che prende sempre più le sembianze di un vero e proprio vortice in cui lei è inconsapevolmente capitata. Una vita in cui i sentimenti non hanno mai avuto posto, se non una volta, una sola. Lo spiraglio della passione, dell'amore, del sentirsi viva, hanno fatto respirare ad Addie sensazioni nuove alle quali non era abituata e che le hanno reso ancora più insopportabile la sua non-vita, se non fosse per quel figlio - Jewel - che l'ha resa davvero madre e che le ha ricordato ogni giorno i frammenti della donna che avrebbe potuto essere. 


Ho lasciato per ultima l'unica figlia femmina dei Bundren e cioè Dewey Dell. L'ho fatto perché il suo personaggio è quello che mi ha fatta più male ed è per questo che parlare di lei mi risulta davvero difficile. Dewey Dell riveste perfettamente la figura della giovane di campagna, ingenua fino al midollo e talmente ignorante da far tenerezza. Dopo la morte di Addie sarà lei a fare le sue veci e a diventare una donna di casa a tutti gli effetti. La vita di questa ragazza, però, non sarà solo sconvolta dalla morte di sua madre, ma anche da un grande segreto che porta con sé e che la renderà una facile vittima per i suoi carnefici, ma la cosa più triste è che lei neanche si accorgerà di essere stata raggirata ed oltraggiata. E allora come si fa a non soffrire da morire per qualcuno che neppure si accorge del male che gli è stato inflitto? Di una donna che non conosce neanche le cose più semplici della vita ed è per questo che non può combattere contro i suoi aguzzini e accetta con passività ogni cosa perché le hanno convinta che sia così che debba andare, sia così che le cose vanno fatte, sia proprio così che le donne si sbarazzano dei loro "problemi". Davanti a ciò non si può non provare un enorme dolore, come lettori, come donne, come uomini. 



Giudizio




Pensavo di impiegare molto più tempo nella lettura di questo romanzo ed, invece, nel giro di due giorni l'ho terminato e non so dire neanche io come sia successo. Faulkner mi ha completamente attratta a sé con i suoi personaggi, le parole vomitate come se fossero proiettili da sparare contro una vita maledetta, quella bara costruita davanti alla finestra di una donna desiderosa di una morte decorosa, la poca dignità attribuita ad una salma che diventa quasi una "cosa" di cui sbarazzarsi e quello stile che lascia trapelare una sofferenza ironica ed ingiusta. "Mentre morivo" è una sfida da accettare, perché per comprendere veramente questo capolavoro non si può restare in superficie, non ci si può aggrappare alle parole e pensare di averle intese tutte, ma bisogna scavare in fondo, tra il detto e il non detto, tra il sospetto e  la verità, perché è lì che Falkner vuole spingerci ed è proprio lì che si trova la magia più pura di questo romanzo. 



A presto,
la vostra Contessa.




1 commento:

  1. Bentornata Annamaria.
    E' sempre un piacere leggere le tue recensioni e questa storia sembra interessante

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